venerdì 26 ottobre 2007

DUE BAMBINI BOSNIACI CON GRAVI PROBLEMI CARDIACI IN ITALIA CON UN VOLO DELL’AERONAUTICA MILITARE ITALIANA

Un velivolo Falcon 900 del 31° Stormo dell’Aeronautica Militare proveniente da Sarajevo è atterrato giovedì 11 ottobre, intorno alle ore 11.30, sulla pista dell’aeroporto ‘Guglielmo Marconi’ di Bologna con a bordo due bambini bosniaci affetti da gravi problemi cardiaci. Dall’aeroporto i due piccoli pazienti sono stati poi trasferiti all’ospedale ‘S. Orsola’ di Bologna, centro sanitario specializzato nella gestione di questo genere di patologie infantili. Il neonato, in condizioni cliniche particolarmente gravi, è stato mantenuto durante il volo costantemente attaccato ad apparati di sostegno alla respirazione e monitorato da personale medico e infermieristico dell’azienda ospedaliera sanitaria romagnola presente a bordo. Il trasporto, autorizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato coordinato tra la Sala situazioni dello Stato Maggiore Aeronautica e l’Ambasciata d’Italia in Bosnia, che ha ricevuto a sua volta la richiesta di trasporto sanitario di urgenza da una associazione Onlus di Faenza (Ravenna) e dell’aeroporto ‘Guglielmo Marconi’ di Bologna.Un’attività, quella dei trasporti umanitari e sanitari, che l'Aeronautica Militare svolge ogni giorno, 24 ore su 24, principalmente attraverso il 31° Stormo di Ciampino, con velivoli Falcon 50 e Falcon 900, e la 46^ Brigata Aerea di Pisa con i C-130J, velivoli in grado di trasportare apparecchiature ed autoambulanze nonché pazienti colpiti da patologie altamente infettive. Solo nel primo semestre del 2007 sono state oltre 800 le ore di volo effettuate dall’Aeronautica Militare a favore della collettività, per missioni di trasporto sanitario d’urgenza di vario tipo come quelli di persone fortemente traumatizzate o in imminente pericolo di vita, trasporto di organi e/o equipe mediche per espianti/trapianti, pazienti sottoposti a trapianti d’urgenza, etc. Nel 2006 erano stata effettuate circa 1600 ore di volo per missioni di tipo sanitario a favore di circa 500 pazienti e 600 equipe mediche. Il 20 per cento di tale attività è stata svolta a favore di connazionali che si trovavano all’estero.

UN C130 DELL'AERONAUTICA MILITARE ITALIANA PORTA AIUTI UMANITARI IN SUDAN

Un C-130J dell’Aeronautica Militare con a bordo dieci tonnellate di aiuti umanitari per le popolazioni del sud Sudan decollerà martedì 23 ottobre dall’aeroporto militare di Pratica di Mare alla volta di Juba, la capitale della regione meridionale del più grande paese africano. Il volo, autorizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato coordinato tra la Sala Situazioni dello Stato Maggiore dell’Aeronautica e la 46esima brigata aerea di Pisa, reparto impegnato in molteplici missioni di trasporto sia sul territorio nazionale che all’estero.Il carico, composto da vestiario, presidi sanitari e soprattutto da materiale scolastico ed attrezzature destinate alle scuole e ai centri di formazione locali, è il frutto delle donazioni di associazioni, aziende pubbliche e private, semplici cittadini, la cui raccolta è stata coordinata dalla comunità cattolica della parrocchia di Nostra Signora di Valme di Roma.E’ la terza volta, dopo le analoghe missioni organizzate nel novembre 2005 e nel maggio 2006, che i velivoli dell’Aeronautica Militare decollano per il sud Sudan, una terra perennemente falcidiata da disastrose epidemie e dove milioni di profughi stanno ora tornando approfittando della tregua alla sanguinosa guerra civile che per venti lunghi anni ha afflitto il paese causando oltre due milioni di vittime civili.Un supporto importante, quello dell’Aeronautica Militare, non solo per il contesto ambientale e di sicurezza in cui si svolge la missione, che renderebbe molto difficile l’utilizzo di un vettore civile, ma anche per la quantità di materiale che si riesce in tal modo a trasportare. Con le trenta tonnellate di aiuti trasferiti finora nell’area, e con i fondi raccolti nell’ambito delle stesse campagne di solidarietà, è stato possibile avviare una serie di progetti nelle tre grandi diocesi di Juba, di Yei e di Yambio, un’area vastissima di foresta tropicale ai confini con Uganda, Repubblica Democratica del Congo e Kenya.La scarsità di acqua potabile, le condizioni igieniche inaccettabili e la malnutrizione, combinate con una quasi inesistente assistenza medica, rendono endemiche alcune malattie come colera, malaria, tubercolosi, le cui vittime sono soprattutto bambini e ragazzi. Dati certi non ce ne sono, come in gran parte del continente africano. Le maggiori organizzazioni internazionali parlano di una aspettativa di vita che non supera i 46 anni, con un tasso di mortalità infantile vicino al 25% (un bambino su quattro muore prima dei cinque anni di vita) che consegna al paese un triste primato su scala mondiale. C’è poi il problema della mancanza di educazione scolastica, con un analfabetismo diffuso tra oltre il 70% della popolazione, uno dei danni più gravi procurati dalla guerra civile appena conclusa. Attualmente, nel sud-Sudan, anche in conseguenza dei grandi flussi migratori verificatesi durante la guerra civile, ci sono interi settori produttivi completamente abbandonati, mestieri scomparsi e di cui c’è gran bisogno come lavoratori edili, meccanici, allevatori. Far tornare tra i banchi di scuola i bambini e le bambine sudanesi, quindi, è tra le priorità dei principali organismi internazionali e delle numerose organizzazioni non governative che operano nell’area, forse l’unica via possibile per un dialogo interculturale pacifico e duraturo. E risponde a questo appello il progetto di “villaggio pilota” di Li – Rangu, nella diocesi di Yambio, avviato nel 2005 con i primi aiuti giunti dall’Italia con i velivoli dell’Aeronautica Militare grazie ai quali è sorta una scuola materna frequentata oggi da oltre 150 bambini e un mulino che ha il duplice scopo di finanziare la scuola stessa e di ridurre notevolmente i carichi di lavoro giornaliero per le madri e, di conseguenza, per le giovani ragazze finalmente libere di poter andare a scuola. L’obiettivo, per il futuro, è costruire aule scolastiche, iniziare una serie di corsi di alfabetizzazione per gli adulti e concedere un numero sempre crescente di borse di studio per le giovani generazioni, indispensabili come maestri per le scuole materne e come classe dirigente del paese.L’Aeronautica Militare è quotidianamente chiamata ad intervenire con il proprio personale ed i propri velivoli in operazioni umanitarie, per il trasporto di malati, aiuti e personale specializzato. Un impegno che ha visto la 46^ brigata aerea di Pisa, in particolare, in prima linea per portare aiuti umanitari a popolazioni in difficoltà o colpite da gravi calamità naturali. Dagli interventi per il sud-est asiatico dopo il terribile tsunami del dicembre 2004, dove i volontari ed i mezzi italiani furono i primi ad accorrere, all’uragano Katrina del settembre 2005 negli Stati Uniti ed il terremoto in Pakistan nell’ottobre dello stesso anno. Ci sono poi le numerose missioni nel continente africano, come quella per il trasporto di aiuti umanitari a favore delle popolazioni del Darfur, sempre in Sudan, e dei profughi del Saharawi in Algeria, quella svolta sotto le insegne dell’Unione Europea nella Repubblica Democratica del Congo per lo svolgimento delle elezioni democratiche nel 2006. A queste dobbiamo poi aggiungere le numerose missioni di “ridare la luce” nell’africa sub-sahariana (Mali, Togo e Ghana) dove due volte all’anno, a bordo degli enormi C-130J, giungono medici oculisti dell’Aeronautica e dei Fatebenefratelli per curare le popolazioni locali affette da malattie agli occhi non curate come la cataratta ed il glaucoma. Solo nel 2006 le ore di volo effettuate per questo genere di missioni, nonché per il supporto ai contingenti militari italiani in missione di pace all’estero, sono state circa 12.000.

CASO CALIPARI: NIENTE PROCESSO PER IL MARINE USA CHE LO HA UCCISO

Il marine Usa che sparò contro Nicola Calipari è stato prosciolto dalla terza corte d'assise di Roma e la vedova ha detto subito che così «lo hanno ucciso una seconda volta, e questa volta in nome del popolo italiano». Sulla tragica vicenda, che risale allo scorso il 4 marzo 2005 a Bagdad, la terza corte d'assise di Roma ha dichiarato il difetto di giurisdizione e disposto il non luogo a procedere per Mario Lozano, l'ex soldato Usa che fece fuoco contro l'auto sulla quale viaggiava il funzionario del Sismi con la giornalista del manifesto Giuliana Sgrena appena liberata dopo il sequestro. Carenza di giurisdizione è il motivo della decisione. La decisione è stata presa dal collegio presieduto da Angelo Gargani dopo una camera di consiglio durata più di due ore. Il pronunciamento della Corte ha quindi posto fine al processo a Lozano, mai comparso davanti all'autorità giudiziaria italiana, per omicidio volontario. La Corte di assise, in particolare, ha deciso sulla base di un'eccezione sollevata dall'avvocato Alberto Biffani, difensore dell'imputato, il quale rivendicava la carenza di giurisdizione dell'Italia a processare l'ex soldato che il 4 marzo 2005, sulla Irish Route, fece fuoco sulla Toyota che stava conducendo all'aeroporto Nicola Calipari, l'inviata del Manifesto Giuliana Sgrena e l'agente del Sismi Andrea Carpani. La Corte, quindi, ha accolto le argomentazioni dell'avvocato Biffani il quale, tra l'altro, sosteneva il difetto di giurisdizione alla luce dell'adesione dell'Italia ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza secondo la quale tutto il personale della coalizione che opera in Iraq è sottoposto alla giurisdizione dello Stato di invio. Composta e sbigottita, la moglie del funzionario ucciso, ha commentato la decisione dei giudici con amarezza: «Non possiamo chiedere giustizia su quello che il popolo italiano ha definito un eroe e non abbiamo la possibilità di giudicare chi ha ucciso mio marito, al quale lo Stato Italiano ha dato la medaglia d' oro al valor militare. Forse dovrei rinunciare alla medaglia». Rosa Villecco Calipari, dopo lo stop al procedimento per portare a giudizio il soldato Mario Lozano ha le idee chiare: «Mi chiedo che senso, infatti, ha se poi non si può giudicare in contumacia e stabilire che cosa è accaduto - spiega -. È un fatto sorprendente che non abbiamo giurisdizione sull' omicidio di Nicola. Ancora una volta sudditi...». Lo sconcerto però non cambia la determinazione di Rosa Villecco a «cercare la verità »: «Aspetto le motivazioni - dice - dopodichè ho la possibilità di ricorrere in Cassazione. Ma andrò oltre in ogni sede competente... c è la Corte di Giustizia Europea. Non mi fermo. Non è possibile che io non possa avere contezza di quello che è successo. Voglio affermare il diritto mio e dei miei figli a sapere se, oltre alla responsabilità diretta di Mario Lozano, ci sono altri responsabili». «Penso che questa decisione sia incredibile e che sia ancora una volta l’accettazione dell’arroganza degli Stati uniti». E’ stato questo il commento a caldo della Sgrena, pochi minuti dopo la lettura della sentenza. La decisione, ha spiegato la giornalista rapita per un mese a Bagdad, dà ragione agli Usa «che non volevano questo processo e hanno fatto di tutto per impedirlo». Si tratta anche di «una rinuncia alla ricerca della verità sull’omicidio di Calipari e su quello che è successo quella notte a Bagdad. Di fatto - ha conlcuso la Sgrena - l’Italia rinuncia alla sua sovranità attraverso questa sentenza". Critico sulla decisione della terza Corte d'Assise Piero Fassino. «Anche non volendo entrare nel merito dell'interpretazione normativa adottata oggi dalla Corte di Assise - ha detto il segretario dei Ds - rimane il fatto che così l'uccisione di Nicola Calipari rischia di restare un delitto impunito e un evidente caso di giustizia negata. E questo non può che suscitare sfiducia e rifiuto in qualsiasi cittadino che voglia credere in un sistema giudiziario capace di assicurare diritto e verità». «Non è soltanto una rinuncia alla giurisdizione - ha commentato il senatore dell'Ulivo ed ex pm Felice Casson -. È una grave rinuncia alla sovranità nazionale. Pensavo che certi tempi e certe soggezioni, anche giuridiche, fossero passati: evidentemente non è così. Con questa decisione si è rinunciato alla ricerca della verità».
Questa la motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria concessa all'Agente del SISMI dal Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi il 19 marzo 2005: Capo Dipartimento del Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare, già distintosi per avere personalmente condotto molteplici, delicatissime azioni in zona ad altissimo rischio, assumeva il comando dell'operazione volta a liberare la giornalista Giuliana Sgrena, sequestrata da terroristi in Iraq. Prodigandosi con professionalità e generosità, sempre incurante del gravissimo rischio cui consapevolmente si esponeva, animato da altissimo senso del dovere, riusciva a conseguire l'obiettivo di restituire la libertà alla vittima del sequestro, mettendola in salvo. Poco prima di raggiungere l'Aeroporto di Baghdad, nel momento in cui l'autovettura sulla quale viaggiava veniva fatta segno di colpi d'arma da fuoco, con estremo slancio di altruismo, faceva scudo alla connazionale con il suo corpo, rimanendo mortalmente colpito. Altissima testimonianza di nobili qualità civili, di profondo senso dello Stato e di eroiche virtù militari, spinte fino al supremo sacrificio della vita.
Baghdad, 4 marzo 2005

mercoledì 24 ottobre 2007

22 OTTOBRE 1995: MORTE DI UNA DOTTORESSA

Il 22 ottobre 1995 era uccisa in Somalia la Dottoressa italiana Graziella Fumagalli, che da anni si occupava dei somali più disagiati e più bisognosi. Ricordiamola.Graziella Fumagalli nasce a Casatenovo, allora provincia di Como, oggi territorio lecchese, il 24 agosto 1944. Terza di nove figli, dopo la scuola dell'obbligo è costretta a lavorare per proseguire gli studi. Nel 1971 consegue la maturità scientifica, mentre prende sempre più corpo il desiderio di diventare medico. Nel 1980 si laurea in medicina e chirurgia. Nella prima metà degli anni Ottanta è assistente di patologia e chirurgia al'università assistente universitaria di patologia e chirurgia all’università di Milano e successivamente Al curriculum aggiunge, nel 1989, un corso di medicina tropicale. Da quel momento diventa realtà il suo desiderio coltivato per anni di aiutare i poveri del Sud del mondo.Dal 1989 al 1993 è capo medico del Progetto integrato Sanità e Acqua in Guinea Bissau. Dal 1993 al 1994 è capo medico del “Progetto integrato Sanità Mozambico. Nel 1994 dirige il Centro anti-tubercolosi della Caritas Italiana a Merca, in Somalia, con 100 pazienti ricoverati e più di 400 ambulatoriali. Graziella accetta l'incarico con la determinazione di sempre, respingendo pressioni e minacce, e non privilegiando nessun clan o fazione.La mattina del 22 ottobre 1995, nella domenica che i cristiani nel mondo dedicano alla preghiera per le missioni, Graziella Fumagalli, all'età di 51 anni, viene uccisa nel Centro antitubercolare che l'aveva vista instancabile testimone di carità per 16 mesi.La Caritas Italiana ha voluto ricordarla con un libro dal titolo "Ho nascosto il mio volto" (Ed. Emi), che ne ricostruisce l'avventura umana, professionale e spirituale, e tenta di far luce su quel buco nero chiamato Somalia.

MARINA MILITARE: VARATO IL CACCIATORPEDINIERE CAIO DUILIO

Un nuovo cacciatorpediniere invisibile ai radar destinato alla difesa dello spazio aereo nazionale, ma anche ad essere 'proiettato' in mari lontani - è stato varato oggi nello stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso: si chiama Caio Duilio e, con la nave gemella Andrea Doria, è destinato a costituire la "spina dorsale" della componente d'altura della Marina militare. Secondo il ministro della Difesa Arturo Parisi si tratta di una nave "straordinariamente innovativa, pronta ad affrontare le sfide del domani", comprese quelle legate alla minaccia del terrorismo internazionale. Sì perché "nel nostro mondo globalizzato - ha avvertito - il mare è la via preferenziale per i traffici, la criminalità, il terrorismo e per molteplici attività illecite.La dimensione marittima della sicurezza assume dunque una valenza sempre maggiore, soprattutto per un Paese come l'Italia proteso al centro del Mediterraneo, bacino esposto a tensioni demografiche, sociali, religiose economiche ed etniche". Il cacciatorpediniere Caio Duilio (la quinta unità della Marina intitolata all'ammiraglio romano eroe delle guerre puniche) è un bestione di 7050 tonnellate, lungo 153 metri e largo 20, in grado di raggiungere i 29 nodi e di ospitare un equipaggio di 230 persone. E' stato costruito nell'ambito del programma italo-francese 'Orizzonte', che prevede la realizzazione di due unità per ciascuna Marina. L'Andrea Doria, già varata, sarà consegnata alla Forza armata entro l'anno mentre il Caio Duilio - tenuto oggi a battesimo da Anna Piga Parisi, la moglie del ministro - nel febbraio 2009; la prima nave sarà pienamente operativa alla fine dell'anno prossimo, la seconda nel 2010. Le due unità, che sostituiranno i caccia Audace e Ardito, già in disarmo, sono dotate di sofisticati sistemi di comando, controllo e comunicazione, che le rendono particolarmente adatte ad essere impiegate nelle missioni "fuori area". Ma saranno "determinanti" - è stato sottolineato oggi - anche nel concorso all'attività di difesa aerea nazionale; ciò grazie, in particolare, al sistema missilistico antiaereo a medio raggio del programma 'Paams'. Il varo del Caio Duilio "é una tappa importante dell'ammodernamento della nostra flotta", ha detto il capo di Stato Maggiore della Marina, Paolo La Rosa. "E' un esempio del processo di trasformazione delle Forze armate che è in atto - ha aggiunto l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, capo di Stato maggiore della Difesa - e che bisogna accelerare". Ma per farlo servono i soldi. E la Difesa, come è noto, ne ha pochi. Tuttavia, ha ricordato Parisi, il processo di rinnovamento delle Forze armate non può fermarsi: "Nella Difesa - ha detto - le scelte che contano sono di lunga durata. Sono scelte che per essere mantenute nel tempo chiedono una profonda cultura condivisa che regga al mutare dei governi e all'alternarsi delle maggioranze politiche

UNA MISSIONE ALL'"ESTERO" PARTICOLARE: PAOLO NESPOLI NELLO SPAZIO

E' già al lavoro Paolo Nespoli. Gli astronauti hanno cominciato la prima giornata in orbita della missione Esperia, dell'Agenzia Spaziale italiana (ASI) dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Al comando di Pamela Melroy, l'equipaggio oggi dedica la maggior parte della giornata ad ispezionare il rivestimento termico della navetta, per assicurarsi che non abbia subito danni durante il lancio. Nespoli ha un ruolo particolarmente importante perché è lui a controllare il braccio robotico della navetta, lungo 15 metri e collocato sul lato sinistro della stiva. Per riuscire a ispezionare il 'muso' dello shuttle e la parte inferiore delle ali il braccio robotico non è sufficiente.Deve allora essere collegato ad una prolunga, della stessa lunghezza, che si trova sul lato destro della stiva e all'estremità della quale sono fissati una macchina fotografica e un sensore a laser. E' proprio questo collegamento il compito principale che affronta oggi Nespoli, con l'assistenza di Scott Parazynski. Poi sarà Nespoli ad assistere Stephanie Wilson per verificare le condizioni delle ali a destra e quindi sarà di nuovo lui a controllare l'ispezione del 'muso'.

lunedì 22 ottobre 2007

4 NOVEMBRE 2007

ACCADEVA VENT'ANNI FA: IL 18° GRUPPO NAVALE DELLA MARINA MILITARE ITALIANA PARTIVA PER IL GOLFO PERSICO

Sono passati già venti anni da quando il 18° Gruppo Navale, comandato dall’Ammiraglio Mariani, partiva per il Golfo Persico allo scopo di garantirne la libertà di navigazione. Le fregate Grecale, Scirocco e Perseo accompagnate dalla nave rifornitrice di squadra Vesuvio partivano da Taranto per ricongiungersi in mare con i cacciamine Sapri, Vieste e Milazzo e la nave appoggio Anteo, partiti dalla base di Augusta. L'attacco dei "guardiani della rivoluzione" iraniani contro la motonave Jolly Rubino diede il via all'intervento della Marina Militare che si concluse entro la fine del 1988. Il gruppo navale attraversò il canale di Suez, percorse il Mar Rosso, effettuò una sosta tecnica a Gibuti e poi navigò l’Oceano Indiano per giungere nelle acque antistanti Kuwait e Iraq. La missione del 18° Gruppo Navale sarebbe stata seguita da altri interventi nazionali in questa delicata regione e successivamente sarebbe stata conosciuta come “Golfo Uno”. Il 18° Gruppo Navale, era costituito da una forza di protezione e supporto (fregate e unità logistiche) e da una forza contromisure mine (cacciamine), entrambe sotto stretto controllo operativo nazionale. La particolarità della missione consisteva nei compiti di scorta al naviglio mercantile e di bonifica da mine navali, in un teatro operativo ben distante dalla madrepatria; per la prima volta la Forza Armata si trovava di fronte ad un'esigenza che avrebbe richiesto il rischieramento in zona di guerra di un consistente gruppo dì unità navali, oltre all'adozione di adeguate procedure tecnico-tattiche in un ambiente con caratteristiche assolutamente nuove. Da questa prima missione, dal risultato ampiamente positivo, fu possibile trarre alcune importanti conclusioni: ne risultava in primo luogo confermata la bontà delle scelte a suo tempo operate per l'ammodernamento della flotta, il cui nucleo principale era ormai composto da unità in grado di operare a lunga distanza dalle basi con un minimo supporto logistico. Un'ulteriore conferma riguardava la validità delle soluzioni adottate per la creazione di un'efficiente e moderna componente di contromisure mine, mentre era ormai evidente l'improrogabile necessità di un terzo rifornitore di squadra. Vanno ricordati due altri importanti fattori: il primo riguarda il tipo di missione svolto dalle navi italiane, impegnate nella scorta diretta del naviglio mercantile (a differenza di altre Marine che adottarono il sistema di convogliamento del traffico) e quindi sottoposte ad un logorio superiore. Il secondo punto riguarda la mancanza di un coordinamento tattico fra i vari contingenti navali europei impegnati in zona, frutto di una mancata percezione, soprattutto in sede UEO, del più ampio significato politico in una missione tesa a salvaguardare i legittimi interessi delle nazioni.