venerdì 26 ottobre 2007

UN C130 DELL'AERONAUTICA MILITARE ITALIANA PORTA AIUTI UMANITARI IN SUDAN

Un C-130J dell’Aeronautica Militare con a bordo dieci tonnellate di aiuti umanitari per le popolazioni del sud Sudan decollerà martedì 23 ottobre dall’aeroporto militare di Pratica di Mare alla volta di Juba, la capitale della regione meridionale del più grande paese africano. Il volo, autorizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato coordinato tra la Sala Situazioni dello Stato Maggiore dell’Aeronautica e la 46esima brigata aerea di Pisa, reparto impegnato in molteplici missioni di trasporto sia sul territorio nazionale che all’estero.Il carico, composto da vestiario, presidi sanitari e soprattutto da materiale scolastico ed attrezzature destinate alle scuole e ai centri di formazione locali, è il frutto delle donazioni di associazioni, aziende pubbliche e private, semplici cittadini, la cui raccolta è stata coordinata dalla comunità cattolica della parrocchia di Nostra Signora di Valme di Roma.E’ la terza volta, dopo le analoghe missioni organizzate nel novembre 2005 e nel maggio 2006, che i velivoli dell’Aeronautica Militare decollano per il sud Sudan, una terra perennemente falcidiata da disastrose epidemie e dove milioni di profughi stanno ora tornando approfittando della tregua alla sanguinosa guerra civile che per venti lunghi anni ha afflitto il paese causando oltre due milioni di vittime civili.Un supporto importante, quello dell’Aeronautica Militare, non solo per il contesto ambientale e di sicurezza in cui si svolge la missione, che renderebbe molto difficile l’utilizzo di un vettore civile, ma anche per la quantità di materiale che si riesce in tal modo a trasportare. Con le trenta tonnellate di aiuti trasferiti finora nell’area, e con i fondi raccolti nell’ambito delle stesse campagne di solidarietà, è stato possibile avviare una serie di progetti nelle tre grandi diocesi di Juba, di Yei e di Yambio, un’area vastissima di foresta tropicale ai confini con Uganda, Repubblica Democratica del Congo e Kenya.La scarsità di acqua potabile, le condizioni igieniche inaccettabili e la malnutrizione, combinate con una quasi inesistente assistenza medica, rendono endemiche alcune malattie come colera, malaria, tubercolosi, le cui vittime sono soprattutto bambini e ragazzi. Dati certi non ce ne sono, come in gran parte del continente africano. Le maggiori organizzazioni internazionali parlano di una aspettativa di vita che non supera i 46 anni, con un tasso di mortalità infantile vicino al 25% (un bambino su quattro muore prima dei cinque anni di vita) che consegna al paese un triste primato su scala mondiale. C’è poi il problema della mancanza di educazione scolastica, con un analfabetismo diffuso tra oltre il 70% della popolazione, uno dei danni più gravi procurati dalla guerra civile appena conclusa. Attualmente, nel sud-Sudan, anche in conseguenza dei grandi flussi migratori verificatesi durante la guerra civile, ci sono interi settori produttivi completamente abbandonati, mestieri scomparsi e di cui c’è gran bisogno come lavoratori edili, meccanici, allevatori. Far tornare tra i banchi di scuola i bambini e le bambine sudanesi, quindi, è tra le priorità dei principali organismi internazionali e delle numerose organizzazioni non governative che operano nell’area, forse l’unica via possibile per un dialogo interculturale pacifico e duraturo. E risponde a questo appello il progetto di “villaggio pilota” di Li – Rangu, nella diocesi di Yambio, avviato nel 2005 con i primi aiuti giunti dall’Italia con i velivoli dell’Aeronautica Militare grazie ai quali è sorta una scuola materna frequentata oggi da oltre 150 bambini e un mulino che ha il duplice scopo di finanziare la scuola stessa e di ridurre notevolmente i carichi di lavoro giornaliero per le madri e, di conseguenza, per le giovani ragazze finalmente libere di poter andare a scuola. L’obiettivo, per il futuro, è costruire aule scolastiche, iniziare una serie di corsi di alfabetizzazione per gli adulti e concedere un numero sempre crescente di borse di studio per le giovani generazioni, indispensabili come maestri per le scuole materne e come classe dirigente del paese.L’Aeronautica Militare è quotidianamente chiamata ad intervenire con il proprio personale ed i propri velivoli in operazioni umanitarie, per il trasporto di malati, aiuti e personale specializzato. Un impegno che ha visto la 46^ brigata aerea di Pisa, in particolare, in prima linea per portare aiuti umanitari a popolazioni in difficoltà o colpite da gravi calamità naturali. Dagli interventi per il sud-est asiatico dopo il terribile tsunami del dicembre 2004, dove i volontari ed i mezzi italiani furono i primi ad accorrere, all’uragano Katrina del settembre 2005 negli Stati Uniti ed il terremoto in Pakistan nell’ottobre dello stesso anno. Ci sono poi le numerose missioni nel continente africano, come quella per il trasporto di aiuti umanitari a favore delle popolazioni del Darfur, sempre in Sudan, e dei profughi del Saharawi in Algeria, quella svolta sotto le insegne dell’Unione Europea nella Repubblica Democratica del Congo per lo svolgimento delle elezioni democratiche nel 2006. A queste dobbiamo poi aggiungere le numerose missioni di “ridare la luce” nell’africa sub-sahariana (Mali, Togo e Ghana) dove due volte all’anno, a bordo degli enormi C-130J, giungono medici oculisti dell’Aeronautica e dei Fatebenefratelli per curare le popolazioni locali affette da malattie agli occhi non curate come la cataratta ed il glaucoma. Solo nel 2006 le ore di volo effettuate per questo genere di missioni, nonché per il supporto ai contingenti militari italiani in missione di pace all’estero, sono state circa 12.000.

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