giovedì 4 ottobre 2007

DUE ANNI L'ASSASSINIO DELL'IMPRENDITORE ITALO-IRACHENO AYAD ANWAR WALI

Dal sito del Corriere della Sera (http://www.corriere.it/) del 5 ottobre 2004

E' morto Ayad Anuar Wali, l'uomo d'affari iracheno che viveva in Italia è stato assassinato probabilmente dagli stessi uomini che l'hanno rapito più di un mese fa.L'atroce conferma arriva direttamente dalla Farnesina. A dare l'annuncio era stata per prima la tv di Dubai Al Arabiya. La notizia viene diffusa con un annuncio urgente scritto nel centro dello schermo televisivo: «Un gruppo armato ha ucciso un italiano e un turco». Poco dopo l'agenzia France Presse dice di aver ricevuto un video girato il 2 ottobre scorso in cui due ostaggi bendati vengono fucilati alle spalle in una località sconosciuta dell'Iraq. Nel video un gruppo militante islamico afferma di aver sequestrato e ucciso «un turco e una spia italo-irachena». Nel video si vedono due uomini confessare che lavorano per i servizi di spionaggio israeliani, iraniani e turchi. «Il primo è un italiano, di origine irachena turcmena, e il suo nome è Ayad Anuar Wali, 44 anni. L'altro è un turco di nome Yalmaz Dabja, 33, anni» recita l'annuncio letto da uno dei sequestratori. A distanza di poche ore l'uccisione di Wali viene rivendicata dalle Brigate Abu Bakr. Lo rende noto l'emittente del Qatar Al Jazira. La televisione panaraba riferisce di aver ricevuto un video da un gruppo che si autodefinisce le Brigate Salafiste di Abu Bakr al Sidiq, e che afferma di aver ucciso un ostaggio italo iracheno e un turco, accusandoli di essere due spie. Un pezzo del video mandato in onda dalla tv mostra militanti armati vestiti di nero dietro a due ostaggi inginocchiati. «È stato ucciso perché era italiano, ma il governo non ha mai mosso un dito». È tra le lacrime che Emad Wali, fratello di Ayad Anwar Wali, commenta la notizia della morte del fratello appena confermatagli dalla Farnesina. Sulle cause della morte del fratello (indicato come spia dal gruppo integralista che ne ha rivendicato l'uccisione) e sul perché la vicenda abbia raggiunto un picco così tragico, Emad Wali dice ancora: «chiedete a Frattini perché è successo questo. Chiedete al presidente italiano; questo è il risultato perché nessuno ci ha aiutato». Ayad Anuar Wali era andato a Bagdad per vendere prodotti del Nord est. Come ha raccontato il fratello, l'avevano portato via mentre era collegato al telefono: era il 31 agosto scorso. Nato in Iraq, Ayad viveva e lavorava a Castelfranco Veneto dal 1980, dove aveva aperto uno studio per la sua attività, ma non aveva la cittadinanza italiana. Poi tempo fa aveva avviato, a Bagdad, un ufficio per la promozione di prodotti italiani nel mondo arabo. Nel gennaio 2004 il fratello Emad lo aveva raggiunto da Treviso per portargli cataloghi e listini delle ditte con cui lavorano, ed era subito ripartito per il Veneto. I due fratelli si erano sentiti per telefono fino a quel drammatico 31 agosto, giorno del sequestro. Da allora nessuno aveva avuto alcuna notizia dell'italo-iracheno. Tuttavia, non passava giorno che la sorella di Ajad, che risiede a Bagdad, non si recasse alla centrale di polizia per cercare di avere notizie del fratello. Un iracheno che lavorava per gli americani è stato trovato decapitato su una strada, a 80 km a ovest di Kirkuk. Lo ha annunciato un responsabile della polizia. «Il corpo è stato ritrovato verso le 16:00 (le 15:00 in Italia) all'incrocio Shorgat al-Zab. La testa decapitata era messa sulla schiena» del cadavere, ha detto il tenente colonnello Ahmed Obeidi. Secondo i primi elementi dell'inchiesta la vittima, Tahr Khodr, di 24 anni, «sembra essere un informatore delle forze americane», ha detto l'ufficiale. Un gruppo militante iracheno ha rilasciato due donne indonesiane rapite nei giorni scorsi insieme a sei cittadini iracheni e due libanesi. Le donne sono state accompagnate all'ambasciata degli Emirati Arabi Uniti a Bagdad, ha annunciato la tv statale degli Emirati che ha mostrato immagini delle due donne, vestite col velo, che apparivano in buona salute.

MORTO LORENZO D'AURIA

Non ce l’ha fatta Lorenzo D’Auria. L’Agente del SISMI gravemente ferito in Afghanistan durante il blitz deciso per liberarlo dai Talebani, è morto in mattinata nell’Ospedale Militare di Roma. Alcuni proiettili, forse esplosi dai colleghi inglesi durante lo scontro con i sequestratori, forse sparati dai banditi, ancora non è certo, lo avevano colpito alla testa il 24 settembre. Dopo le prime cure sul campo, il Maresciallo del SISMI era stato rimpatriato e ricoverato al Celio. Solo un respiratore lo ha tenuto in vita questi ultimi giorni. “È un figlio caduto per tutti noi”, ha detto il Presidente del Consiglio Romano Prodi. “Giovani come lui, ha aggiunto il Sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri nel corso di un’informativa al Senato, hanno evitato numerosi attacchi terroristici”. Il Ministro della Difesa Arturo Parisi ha incontrato la moglie e i genitori del militare “per esortarli, pur nel dolore, a ricordare con orgoglio il loro congiunto caduto durante una missione al servizio della sicurezza e della pace, che rimarrà per sempre nel ricordo di chi crede nella solidarietà tra i popoli”. Fra coloro che hanno già reso omaggio alla salma, l’Ammiraglio Bruno Branciforte, Capo del SISMI, e l’Ammiraglio Giampaolo Di Paola, capo di Stato Maggiore della Difesa. In segno di lutto, Camera e Senato hanno osservato un minuto di silenzio.

domenica 30 settembre 2007

UNA CAZNONE PER I CADUTI DI NASSIRYA

L'Orchestra Bagutti ha scritto una canzone, Eravamo in 19, dedicata ai caduti del 12 novembre 2003 a Nassirya. Dalle stupende parole e dalla bellissima musica, tutti gli Itaiani la dovrebbero conoscere, se non sentire almeno una volta nella loro vita.
ERAVAMO IN 19
Io avevo cieli azzurri
Nello sguardo e dentro al cuore
Con i sogni dei vent’anni
E il tuo sincero amore
Quel giorno son partito
In divisa da soldato
Con la fiamma e il tricolore
Ma non sono più tornato
Eravamo in 19 tutti quanti a Nassiriya
Per difendere la pace
E portar democrazia
Ma un giorno esplose il solo per fanatica follia
E si spense la mia luce
E volò la l’anima mia
E si spense la mia luce
E volò l’anima mia
Qui davanti alla mia sposa
Avvolto dentro a una bandiera
La mia anima riposa
Per donare un’alba chiara
S’è inchinato il Presidente
Mentre suonano il silenzio
E l’applauso della gente
Sale in cielo fino a me.
Eravamo in 19 tutti quanti a Nassiriya
Per difendere la pace
E portar democrazia
Ma un giorni esplose il sole
Per fanatica follia
E si spense la mia luce
E volò l’anima mia
E si spense la mia luce
Evolò l’anima mia
Nella sabbia sotto il sole
Un bel fiore nascerà
Con il sangue e col dolore
Per un nome: liberta!
Con il sangue e col dolore
Per un nome: libertà!

UNA CANZONE PER FABRIZIO QUATTROCCHI

Riportiamo qui il testo della canzone Così muore un Italiano del gruppo 2Cos e dedicata al sacrificio del nostro connazionale Fabrizio Quattrocchi, Medaglia d'Oro al Valore Civile alla Memoria, barbaramente assassinato in un luogo imprecisato dell'Iraq il 14 aprile 2004.
COSI’ MUORE UN ITALIANO
Fragile vita mia, in un secondo
te ne stai andando da questo mondo
non riesco neanche più a disprezzare
chi alla mia vita sta dando fine
Non ho più lacrime da versare
io sono un uomo che sa accettare
non mi interessa più la giustizia
il fucile punta già la mia testa
Non voglio sapere neanche il perché
se era destino che toccasse a me
le palpebre pesano sopra i miei occhi
e mi rassegno al fatto che mai più la rivedrò
E davanti a me c’è un grande prato di girasoli,
io disteso guardo su
ferite non ho e dagli affanni sono lontano
Così muore un Italiano
Sbiadite immagini nei pensieri
mi mostrano i pianti dei miei cari
troppo difficile rassegnarsi
gli direi com’è qui se potessi
Perché conoscevo le probabilità
sapevo dei rischi che questo lavoro ha
Dio mio tu perdonali anch’io lo farò
ti prego fai in modo che si ricordino di me
Da quando son qua
mi trovo a stare sopra le stelle
e dormo sulle nuvole
e ovunque io sia c’è Lui che mi accompagna per mano
E davanti a me c’è un grande prato di girasoli,
io disteso guardo su
ferite non ho e dagli affanni sono lontano
Così muore un italiano.
Questa la motivazione dell'onorificenza concessa il 13 marzo 2006 dal Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi: "Vittima di un brutale atto terroristico rivolto contro l'Italia, con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l'onore del suo Paese. Iraq, 14 aprile 2004"

26 SETTEMBRE 2007: IN RICORDO DI VINCENZO CARDELLA

È passato un anno esatto dall’attacco terroristico di cui fu vittima il Caporalmaggiore degli Alpini Vincenzo Cardella, a Kabul nel corso del quale rimase gravemente ferito, spirando poi il successivo 30 settembre. Fu lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si recò presso il policlinico Militare del Celio, dove venne trasportato ed operato al suo rientro in Patria, per rendere omaggio alla salma del Caporalmaggiore Vincenzo Cardella. Ad attendere il Capo dello Stato all’ingresso dell’Ospedale c’era un Picchetto d’Onore. Vincenzo Cardella, figlio unico, nacque a Santa Maria Capua Vetere l’11 novembre 1982. Dopo gli studi, si arruola come Ausiliario nell’Arma dei Carabinieri, Arma che amava molto e nella quale contava di rimanere una volta terminato il servizio ausiliario. Sfortunatamente, l’allora ventiquattrenne non riesce ad entrare nei Carabinieri ed al suo rientro a casa fa domanda di arruolamento come Volontario in Ferma Breve. Dopo il corso presso il Reggimento Addestramento Volontari viene assegnato al glorioso Corpo degli Alpini, che può contare almeno su oltre il 60% di ragazzi del Sud. Con il 2° Reggimento Alpini di Cuneo effettua due missioni di peace-keeping riscuotendo l’ammirazione e la stima dei suoi colleghi, dei superiori, ma, soprattutto dei suoi concittadini che gli hanno dedicato un Monumento alla Memoria. Vincenzo Cardella è stato anche un ottimo atleta: fu, infatti, campione nazionale categoria novizi di pugilato. Una grave perdita per papà Paolo e mamma Teresa, ma anche dell’intera collettività. L’Amministrazione Comunale, in segno di eterna riconoscenza e gratitudine per aver dato lustro con i suoi ottimi comportamenti alla città di San Prisco, all’Esercito Italiano ed al Paese. L’inaugurazione è stata preceduta dalla celebrazione della Santa Messa nella Chiesa Madre di Santa Croce, presieduta da Sua Eminenza Monsignor Bruno Schettino, Arcivescovo di Capua. Alla cerimonia hanno partecipato autorità civili, militari e religiose della Provincia di Caserta. Erano presenti, oltre che alla famiglia del graduato, il Prefetto di Caserta Dottoressa Elena Stasi il Comandante della Brigata Garibaldi di Caserta, Generale di Brigata Vincenzo Iannuccelli, il Generale di Divisione, Antonio De Vita, Comandante del Raggruppamento Unità Addestrative di Capua e l’Arcivescovo di Capua, Bruno Schettino. Presente anche la Fanfara dei Bersaglieri della Garibaldi ed un nutrito picchetto in armi dello stesso Reparto. Il 12 dicembre 2006, durante una toccante cerimonia, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferiva alla memoria del Caporalmaggiore Vincenzo Cardella, e al Caporalmaggiore Capo Scelto Giorgio Langella, l’altro Alpino deceduto nell’attentato del 26 settembre 2006, la Croce d’Onore alle vittime di atti di terrorismo o di atti ostili impegnate in operazioni militari e civili all’estero.

MATRIMONIO IN ARTICUOLO MORTIS

Matrimonio “In Articulo Mortis”. Si chiama così nel diritto canonico il legame indissolubile tra due persone di cui una in punto di morte. È il caso dell’Agente del SISMI Lorenzo D’Auria, in coma irreversibile dopo essere rimasto ferito in Afghanistan nel corso dell’operazione che ha portato alla sua liberazione e a quella di un commilitone rapiti da una banda afgana. D’Auria è stato dunque unito in matrimonio alla compagna Francesca con una cerimonia silenziosa e straziante all’Ospedale Celio di Roma. Come ha confermato Mario D’Auria, il padre del Paracadutista trentatreenne, il figlio e la compagna “avevano da tempo manifestato il desiderio di convolare a nozze, ma gli impegni militari avevano sempre fatto rimandare la loro unione”. La coppia ha già tre figli, l’ultimo dei quali di soli due mesi. Lorenzo D’Auria è tenuto in vita solo grazie a un respiratore artificiale.

GLI AUGURI DELLA BRIGATA FOLGORE AL MARESCIALLO LORENZO D'AURIA

La Folgore schierata in Piazzale El Alamein alla Caserma Vannucci, durante le celebrazioni della Festa di San Michele Arcangelo, ricorda con un lungo applauso il Maresciallo Lorenzo D’Auria. “Siamo vicini a lui che sta vivendo gli ultimi momenti della sua vita e che ha vissuto il freddo della paura. Siamo vicini a lui e alla sua famiglia”: sono le parole del Colonnello Renato Perrotti, che hanno trafitto il cuore dei presenti schierati. Volti commossi. “Lorenzo era il figlio ed il fratello maggiore che tutti avremmo voluto avere, un professionista nel suo lavoro. L’ho conosciuto a Viterbo quando è stato scelto per entrare nella Folgore”, racconta il Colonnello Luigi Melissano da poco in pensione. E lo fa senza nascondere l’emozione. “Un professionista silenzioso”, dice il Colonnello Renato Perrotti e lo dice con il cuore. La Folgore è vicina ai familiari del giovane con silenziosa solidarietà e con affetto. Ogni Paracadutista sente di avere un fratello in pericolo di morte. “Era un Paracadutista, quindi un Fratello”, dicono alla Vannucci. “Non ho ancora avuto il coraggio di parlare con i familiari”, dice un commilitone. E a Roma accanto a quel ragazzo che ha lavorato per la costruzione della pace ci sono la madre, la moglie ed un cugino. Il padre Mario, le cui dure dichiarazioni hanno fatto il giro del mondo, è rimasto a casa. Il Maresciallo Lorenzo D’Auria ha tre figli piccolissimi, Andrea di 3 anni, Alessio di 2 e Luca di 3 mesi. D’Auria abita da tempo a Rosignano con la moglie Francesca, sua coetanea, e i bambini, ed era tornato da poco tempo per abbracciare il più piccolo, Luca. Il destino ha voluto che fosse ferito a pochi giorni dalla fine della missione. Dopo la licenza di quindici giorni che aveva avuto per stare vicino a Luca, il suo periodo di impiego sarebbe terminato domenica 29 settembre. Nato a Cavazzona di Castelfranco in provincia di Modena, D’Auria, aveva frequentato la scuola superiore fino a 17 anni quando aveva scelto di partecipare, vincendolo, al concorso per Sottoufficiali dell’Esercito. Si era così trasferito alla Scuola di Guerra di Viterbo e dopo aver ottenuto i gradi aveva chiesto di entrare a far parte dei Paracadutisti della Folgore. A Livorno era così entrato in organico al 187º Reggimento di stanza alla Vannucci e da qui era poi transitato al prestigioso 9º Reggimento d’Assalto Col Moschin degli Incursori. Un periodo di attività relativamente breve e la scelta di entrare nei servizi segreti delle Forze Armate, il SISMI e il silenzio sulla sua attività. La sua missione in Afghanistan non era comunque la prima. Il Sottufficiale era stato infatti impiegato in tutte le operazioni più importanti: Iraq, Kosovo, Afghanistan ed aveva maturato una profonda conoscenza del suo lavoro che, unita ad una grande professionalità, aveva contribuito a farlo selezionare per le attività più delicate.

26 SETTEMBRE 2007: ATTERRATO ALL'AEROPORTO DI CIAMPINO IL VOLO DEI FERITI IN AFGHANISTAN

È atterrato all’Aeroporto Militare di Ciampino il Falcon dell’Aeronautica Militare con a bordo l’Agente del SISMI gravemente ferito. Un altro volo ha portato in Italia l’altro Sottufficiale italiano, ferito meno gravemente, e il collaboratore afgano che era stato preso in ostaggio con gli Italiani. Il portavoce dell’ISAF ha spiegato che i due Sottufficiali sono stati trasferiti dopo le cure ricevute in una base NATO. Da fonti militari emerge intanto che i proiettili che hanno colpito di due militari italiani sono stati esplosi dai rapitori e non dalle armi dei soldati italiani e inglesi che li hanno liberati. “Inizialmente non sapevamo se i due ostaggi fossero rimasti feriti da fuoco amico o nemico. È abbastanza chiaro ora che sono stati feriti da fuoco nemico”, ha detto all’Associated Press il Portavoce ISAF. “Ci sono informazioni secondo cui i Talebani stavano cercando di scappare dalle loro auto, si sono girati e hanno sparato sulle auto”, ferendo i due italiani, uno dei quali in modo grave, ha aggiunto il Maggiore Anthony, Portavoce dell’ISAF.

25 SETTEMBRE 2007: SI AGGRAVANO LE CONDIZIONI DEL FERITO GRAVE

Si sono aggravate le condizioni del militare italiano rimasto ferito nel blitz organizzato per liberarlo dai rapitori afgani. Il Sottufficiale del SISMI, ricoverato nell’ospedale della Marina Militare Inglese a Camp Bastion, nella provincia del Helmand, è tenuto in vita dal respiratore artificiale. A renderlo noto è stato un comunicato del Ministero della Difesa. La sua identità, per ragioni di sicurezza, continua a rimanere segreta. Si sa solamente che ha 30 anni. “Siamo molto preoccupati”, ha ammesso il Presidente del Consiglio Romano Prodi parlando ai giornalisti a New York. Durante il conflitto a fuoco che ha preceduto la liberazione, il militare è stato colpito al collo e alla testa da diverse raffiche di arma da fuoco. Restano invece stazionarie, ma non sono preoccupanti, le condizioni dell’altro militare italiano rapito e poi salvato grazie al blitz nel corso del quale è rimasto ferito alla clavicola. Prodi ha comunque ribadito di non avere rimorsi per aver ordinato l’operazione. “Eravamo coscienti dei rischi che correvamo ma qualsiasi alternativa sarebbe stata peggiore”, ha ripetuto. L’azione,. ha ricordato, “era necessaria ed era importante farla prima che i due militari italiani fossero portati in una zona dove non sarebbe stato più possibile riaverli. È stata una decisione veloce, immediata e io ho chiesto soltanto pochi minuti di riflessione. Quando ci sono queste situazioni bisogna assumersi le responsabilità, essere veloci a decidere e radunare tutte le informazioni possibili. È quello che abbiamo fatto”.

24 SETTEMBRE 2007: BLITZ DELLE FORZE SPECIALI PER LIBERARE I DUE AGENTI DEL SISMI

Il sequestro dei militari rapiti in Afghanistan il 22 settembre 2007 è finito: i due soldati italiani che erano stati sequestrati sabato sono infatti stati liberati a seguito di un blitz condotto nelle prime ore della mattinata da uomini delle forze speciali britanniche, i leggendari SAS, con la collaborazione di militari italiani del Col Moschin e del COMSUBIN. I due sono stati liberati nella provincia di Farah, la stessa in cui si erano perse le loro tracce. Nel corso dell’azione i due militari sono rimasti feriti, uno in modo serio. I due soldati, secondo quanto rende noto il Ministero della Difesa, Arturo Parisi, “sono attualmente trattati presso una struttura ospedaliera di ISAF”, la forza della NATO in Afghanistan. Le famiglie sono state informate della avvenuta liberazione dei loro congiunti. Il militare italiano che è in gravi condizioni (sarebbe stato raggiunto da colpi alla testa e al torace) è stato operato. Immediate le reazioni all’operazione militare che ha condotto alla loro liberazione: “È una dura sconfitta dei rapitori e quindi un ammonimento per il futuro”. ha detto Romano Prodi. Nello scontro avvenuto a seguito del blitz, otto-nove rapitori, tutti quelli presenti sul posto, sono rimasti uccisi. Soddisfatto per la liberazione, Parisi ha parlato al TG1 di “apprezzamento per chi si è impegnato in queste ore per ottenere il risultato” e di “trepidazione e vicinanza ai militari che sono purtroppo rimasti feriti e alle loro famiglie”. Il Ministro ha confermato che i due militari sono stati ricoverati e che uno “è ferito in forma lieve, l’altro non lieve. Attendiamo ulteriori informazioni”. “Non c’era alternativa al blitz militare perché i due soldati italiani erano in pericolo di vita”: lo ha spiegato il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema commentando la liberazione dei due militari e liquidando le polemiche che la vicenda ha provocato. “Non so quali siano le reazioni in Italia”, ha detto il Ministro all’ingresso del Palazzo di Vetro, ma i due militari “erano in pericolo di vita imminente” e “non c’era nessuna alternativa al blitz per la liberazione”. Ecco come nella ricostruzione delle fonti ISAF si sarebbe svolto il blitz. Il SAS inglese e gli incursori dell’Esercito Italiano del 9° Reggimento Col Moschin e della Marina Militare del COMSUBIN sono piombati sui rapitori dei militari italiani dopo aver avuto la certezza che i due ostaggi si trovavano in un edificio adibito a prigione, nella zona di Farah. Sono arrivati in tanti, poco prima dell’alba, in elicottero; sono scesi sugli uomini di guardia con un colpo di mano rapidissimo. Eppure, i rapitori, gli uomini del Mullah Akthar Muhammad, hanno avuto il tempo di parare senza pietà sugli ostaggi che tenevano incatenati per i piedi. Le forze di ISAF, a loro volta, li hanno eliminati tutti. La vicenda del rapimento dei due Italiani aveva creato inizialmente imbarazzi all’interno dell’esecutivo per la fuga di notizie, diramate da fonti afgane, che aveva impedito la gestione dell’emergenza da un punto di vista puramente militare e di intelligence. Lo stesso Ministro della Difesa, Arturo Parisi aveva chiamato il Premier Prodi, in viaggio ufficiale all’estero, per lamentarsi delle procedure adottate. “Il risultato dell’operazione militare è stato una dura sconfitta dei rapitori e quindi un ammonimento per il futuro”, dice il Premier Romano Prodi commentando con i giornalisti a New York l’esito del blitz. “Sono state ore molto difficili nelle quali sono rimasto sempre in contatto con il Ministro della Difesa che, con tutta la sua squadra, ha operato sia in Italia che in Afghanistan”, ha aggiunto Prodi precisando che “il Ministro della Difesa oggi stesso risponderà in Parlamento per spiegare quanto è avvenuto”. Dopo aver ribadito che non c’è stata nessuna incertezza nella decisione di procedere con il blitz, Romano Prodi ha voluto esprimere “ammirazione e gratitudine per tutti coloro che hanno partecipato all’operazione”. Un’operazione, ha detto ancora, “che non è stato possibile fare al tramonto e che quindi è stata condotta questa mattina all’alba”. Prodi si è poi detto “molto preoccupato” per le condizioni del militare italiano ferito nel blitz in Afghanistan. Il soldato, ha detto il Presidente del Consiglio, è in “condizioni serie, ma i medici non hanno detto di più”.